Noi due
Un film di Nir Bergman
Noi due, film diretto da Nir Bergman, è ambientato a Tel Aviv e racconta la storia di Aharon (Shai Avivi), un tempo talentuoso disegnatore, che ha lasciato la sua professione dopo la fine della sua relazione per dedicarsi unicamente al figlio Uri (Noam Imber), ragazzo ventenne che deve fare i conti con un disturbo dello spettro autistico. Nonostante la sua età, Uri è ancora un bambino ed è così che lo vede anche suo padre Aharon, che cerca in ogni modo di fargli trascorrere le sue giornate tranquillamente e con abitudini rassicuranti.
Sua madre Tamara (Smadi Wolfman), però, pensa che sia giunto per lui il momento di aprire di più i confini del mondo di Uri e trovargli una nuova "casa", ovvero un istituto specializzato, dove può imparare anche la condivisione. Portare il ragazzo in questo centro specializzato rattrista Aharon, che non vorrebbe allontanarsi dal figlio, e spaventa lo stesso Uri, che vedrebbe le sue abitudine stravolte. Mentre si stanno recando all'istituto, Aharon prende una decisione: non portarlo al centro, ma scappare con il ragazzo e mettersi in viaggio verso gli Stati Uniti. Aharon crede che Uri non sia pronto a separarsi da lui, ma forse è proprio l'uomo che non riesce a lasciare suo figlio...
Con Shai Avivi Noam Imber Smadi Wolfman Efrat Ben-Zur Amir Feldman Sharon Zelikovsky
Produzione: Israele , 2020 , 94min.
Raramente si vedono film incentrati in modo così totale sulle sfumature di un rapporto padre-figlio, specialmente se non sono dominati da un conflitto sui codici tradizionali della mascolinità.
In soccorso viene la nuova opera di Nir Bergman, regista israeliano noto per essere tra i realizzatori di Be'tipul, serie che ha dato origine alle varie versioni internazionali di In treatment. Tale sensibilità per l'asciugatura e il risalto del linguaggio drammatico trova un felice incontro con il lavoro della sceneggiatrice Dana Idisis, a cui va il merito (che affonda nell'esperienza diretta) di un trattamento del tema dell'autismo realistico e complesso, capace di occuparsi anche delle discriminazioni e dello smantellamento dei luoghi comuni in materia.
Pur senza brillare dal punto di vista dell'inventiva e del rigore formale, tra le mani di Bergman il materiale viene trattato con delicatezza e con la capacità di mettere da parte tutto ciò che non è necessario, andando dritto al cuore di una storia essenziale e straziante.
Il rapporto tra Uri e Aharon è denso e sempre tangibile, con particolare attenzione ai gesti quotidiani: lo dimostrano le scene che ritraggono i due in bicicletta, o nudi davanti allo specchio mentre si radono cantando "Gloria" di Umberto Tozzi. Quanto c'è di buono nel loro amore reciproco è subito evidente tra le pieghe delle interpretazioni (bravissimi Shai Avivi e Noam Imber), e altrettanto palesemente lascia poi graduale spazio a un ritratto di padre che ha più bisogno del figlio di quanto egli non ne abbia di lui, e che sa come tenerlo stretto a sé con la semplice preparazione di un piatto di pasta, a spese di una madre che cerca gentilmente di separarli.