La verità secondo Maureen K.
Un film di Jean-Paul Salomé
La verità secondo Maureen K., il film diretto da Jean-Paul Salomé, racconta la storia di Maureen Kearney (Isabelle Huppert), sindacalista del CFDT (Confederazione francese democratica del lavoro), che viene rinvenuta nella sua casa con una "A" incisa sul suo ventre e il manico di un coltello inserito nelle parti intime. La donna, completamente sconvolta, non ha memoria dell'aggressione.
Data la gravità di quanto accaduto, le indagini si fanno sempre più serrate, alla ricerca di ulteriori dettagli. Mentre vengono a galla sempre più nuovi elementi per la ricostruzione dei fatti, gli inquirenti iniziano a sospettare che Maureen non sia la vittima...
Con Isabelle Huppert Alexandra Maria Lara Yvan Attal Benoît Magimel Marina Foïs Grégory Gadebois
Produzione: Francia , 2022 , 122min.
Il duo Isabelle Huppert - Jean-Paul Salomé si riunisce dopo il successo sorprendente di La padrina, per raccontare una storia vera di coraggio personale e di vergogna collettiva, in cui la violenza privata e quella politica si fondono letteralmente sulla pelle di una donna, costretta dalle circostanze e dalla propria forza di carattere ad una battaglia molto più grande di lei.
Il film è il personaggio; non solo perché tutti gli altri personaggi mancano di storie che non siano funzionali a lei soltanto, ma perché la "questione" al centro del piatto è lei stessa: il suo essere donna, il suo essere fragile e il suo essere forte, dato che umanamente le due cose non si escludono a vicenda. Non c'era dunque ruolo più appetibile per la Huppert (che qualcuno dice "malata" di lavoro, come la sindacalista del film) né un'interprete più evidentemente adatta per la parte (persino troppo, vien da dire), per la capacità di proporre un femminile che non nasconde le ombre, che rifiuta di giustificare socialmente i propri modi, che non cerca di piacere per forza a nessuno.
Il regista usa l'attrice e la sua filmografia per trasformare così il film in un thriller e inaugura questa seconda parte con un'inquadratura hitchcockiana dello chignon nel quale la Kearney ha appena raccolto i capelli, un attimo prima di subire violenza. La musica di genere e la lunga dissolvenza a nero che sospende la visione dei fatti nei minuti cruciali fanno il resto: nulla è più oggettivamente vero, tutto potrebbe essere frutto della sua mente, "esaurimento", strategia.
Salomé, però, non è Chabrol né Verhoeven; non è in grado di togliere meccanicità alla trasformazione del personaggio né di spogliare il film di un'attenzione eccessiva alla cronaca e all'aspetto processuale che anziché riempirlo rischiano di svuotarlo. Ancora una volta tocca alla Huppert farsi carico di portare il cinema nel film, con le proprie risorse, come la protagonista di questa storia è stata costretta a fare, per difendere la sua dignità, non potendo contare su nessun altro.