
Il potere del cane
Un film di Jane Campion
Il potere del cane, il film diretto da Jane Campion, ambientato negli anni '20, vede al centro della storia la coppia dei ricchi fratelli Burbank, Phil (Benedict Cumberbatch) e George (Jesse Plemons), proprietari di un enorme ranch in Montana che domina la vallata. I due sono molto diversi tra loro: Phil è un uomo brillante ma crudele, con un atteggiamento prepotente e violento, mentre George è una persona testarda e puntigliosa, ma sempre gentile. Quando George sposa in segreto la vedova Rose (Kirsten Dunst), Phil non accetta la cosa e inizia una guerra spietata contro la donna usando suo figlio Peter (Kodi Smit-McPhee) come pedina.
Con Benedict Cumberbatch Jesse Plemons Kirsten Dunst Kodi Smit-McPhee Thomasin McKenzie Keith Carradine
Produzione: Nuova Zelanda Australia , 2021 , 136min.
Del romanzo di Thomas Savage, pubblicato la prima volta alla fine degli anni Sessanta, la Campion restituisce appieno i principali elementi naturali: l'effetto immersivo, amplificato dal mezzo cinematografico, e l'elemento dell'isolamento, che è in ogni piega del racconto e dei personaggi, e che assume visivamente una concretezza quasi palpabile.
Nella sua Nuova Zelanda la regista trova l'America rocciosa e occidentale della metà degli anni Venti, in una valle sterminata e deserta, in cui lo sguardo può spaziare a trencentosessanta gradi (eppure bisogna avere qualcosa di speciale in esso per cogliere il profilo del cane con la mascella aperta nel grande massiccio che funge da fondale al palcoscenico del ranch e da finale di percorso).
Agli interpreti principali, invece, tocca il compito di tenere insieme ed esprimere, col corpo prima che con le parole, la psicologia travagliata di tre personaggi tragicamente imprigionati in un ruolo, un'epoca, un genere. E se il rumoroso, puzzolente, tossico Phil di Cumberbatch è il più centrale del gruppo e nell'inquadratura, manifesto troppo facile della regola per cui le persone che sono state danneggiate non possono che a loro volta danneggiare, è al modo in cui Kristen Dunst amplifica la piccola Rose del romanzo facendone un'icona di malinconia che guardiamo più volentieri, così come alla delicatezza del personaggio di George (Jesse Plemons), che con pudore e timore non guarda ciò che non vuol vedere.
È un peccato allora che il film stenti ad arrivare al punto; che lo sguardo della Campion, che rende sensuale ogni cosa su cui si posa, resti bloccato su immagini già note, figure poco figurate (la castrazione di massa degli animali, il branco), attese che girano su loro stesse, non sufficientemente ricompensate dal colpo di coda del finale. La sua incursione sulla brokeback mountain si ferma a un passo dalla cima, lasciandoci il desiderio del panorama che avremmo potuto vedere e non abbiamo visto.



