
Duino
Un film di Juan Pablo Di Pace e Andrés Pepe Estrada
Il film racconta la storia del primo amore del diciassettenne argentino Matias, interpretato da Santiago Madrussan, durante i due anni passati nel Collegio del Mondo Unito di Duino-Aurisina. Lì incontra il coetaneo svedese Alexander (Oscar Morgan) e tra i due nasce un’amicizia speciale, intensa, caratterizzata da fascino, complicità e tenerezza, che subisce una brusca interruzione quando Alexander viene all’improvviso espulso, lasciando il giovane Matias alle prese con i propri sentimenti mai espressi verso il compagno di classe.
Matias presa coscienza dalla sua omosessualità, da adulto e affermato regista (interpretato dallo stesso Juan Pablo Di Pace) decide di realizzare un film su quell’amore adolescenziale incompiuto. Insoddisfatto però del materiale girato per il suo film Matias decide di rivedere dopo 25 anni Alexander (August Wittgenstein) nella speranza di chiudere il film e quel capitolo doloroso della sua vita.
Con Juan Pablo Di Pace Jóhannes Haukur Jóhannesson Krista Kosonen Santiago Madrussan
Produzione: Italia , 2024 , 90min.
Il film che segna il debutto come regista di lungometraggi di Juan Pablo Di Pace, famoso per aver recitato in Mamma Mia! con Meryl Streep e Colin Firth e per le serie tv Fuller House e Dallas, è godibile, tenero, commovente, pieno di dichiarazioni d’amore per il nostro Paese, e ricorda molto Call me by your name di Luca Guadagnino.
L’ambientazione italiana, la scoperta della propria sessualità, il primo amore, il genitore accogliente e comprensivo, nel film di Guadagnino, con lo struggente monologo finale del papà di Elio, mentre nel film di Di Pace c’è il discorso strappalacrime di perdono della madre di Matias.
Duino negli occhi del protagonista rappresenta un ricordo doloroso ancora popolato dai suoi personaggi che non lo abitano più fisicamente, perché cresciuti, perché hanno intrapreso strade diverse.
Un posto che per l’autore, che si mette a nudo in questo film, testimonia la sofferenza del primo amore per un ragazzo del suo stesso sesso, il terrore della scoperta e la consapevolezza di essere omosessuale. Due giovanotti che tentano di sfiorarsi, di aprirsi, di dichiararsi, ma che per paura, per retaggi culturali e familiari, ritraggono la mano, non arrivano mai al punto, se non qualche masturbazione delicatamente dedicata.
“Poiché il bello non è altro che l’inizio del terribile, che noi ancora sopportiamo, e tanto ammiriamo, perché disdegna, quieto, di distruggerci” diceva proprio Rainer Rilke, il poeta e drammaturgo austriaco, che in quei posti ha soggiornato e dove è nata la sua opera più famosa, le Elegie duinesi, ovviamente citate nel film.
Ne abbiamo parlato con l’attore/regista argentino subito dopo la proiezione del film accolta dal numeroso pubblico in sala con scroscianti applausi.
Ho trovato molte similitudini con il film di Guadagnino. Le è piaciuto molto?
È del tutto casuale. Ho visto quel film e mi è piaciuto. Sono famiglie molto internazionali, sono storie che accadono in Italia. La mia è una storia vera. La mia.
Il momento più commovente del film è il discorso della mamma a Matias così come nel film di Guadagnino era quello del papà ad Elio.
Per me è stato il momento più importante del film perché ho avuto veramente quella chiacchierata con la mia mamma. Ho deciso di raccontare quel momento che ha definito la mia vita. Sentire questo perdono.
Forse è il momento più emozionante perché direi che è anche il più vero e il più crudo. Non è facile per i genitori dire “I’m sorry”. È stato come un processo vedere la mia vita come un film.



