Diamanti
Un film di Ferzan Ozpetek
Diamanti, film diretto da Ferzan Özpetek, vede un regista convocare quelle che sono le sue interpreti preferite, ovvero le attrici con cui ha lavorato maggiormente o che ha finito per amare. Il cineasta ha intenzione di realizzare un film sulle donne, non rivelando altri particolari sul suo progetto. Una volta radunate le artiste, inizia a osservarle, a studiarle e a farsi ispirare da loro, finendo con la mente in un'altra epoca, nel passato, dove l'aria è riempita dal rumore delle macchine da cucire in un luogo affollato da sole donne, che qui vivono, lavorano e gestiscono il tutto.In questa sartoria cinematografica con a capo due donne, gli uomini ricoprono solo piccoli ruoli marginali e il cinema che prevale è ovviamente quello da più lavoro, ossia il cinema di costume. Una racconto che incontra tante storie, ricche di passione, ma anche di ansie, di assenze stanzianti e soliti dune e al contempo di legami indissolubili, mentre realtà e finzione si mescolano così come le vite delle attrici e quelle dei loro personaggi.
Con Luisa Ranieri Jasmine Trinca Sara Bosi Loredana Cannata Geppi Cucciari Anna Ferzetti Aurora Giovinazzo
Produzione: Italia , 2024 , 135min.
Diamanti si apre e chiude con una di quelle tavolate che sono diventate un simbolo del cinema, e del modo di intendere la vita, di Ozpetek. Intorno al desco di apertura siedono le attrici del film e lo stesso regista, intento ad annunciare loro le sue intenzioni e ad assegnare i ruoli.
"Ci saranno in tutto quattro uomini", annuncia fieramente: e di fatto i personaggi maschili nel film sono meramente di contorno. Più che al Pedro Almodovar cui all'inizio della carriera veniva paragonato, Ozpetek richiama qui il Francois Ozon di Otto donne e un mistero, dove gli uomini sparivano completamente (uno per mano di una delle protagoniste), e più che a Douglas Sirk strizza l'occhio al Leo McCarey di Un amore splendido. "Non c'è niente di quello che ti aspetti", annuncia Ozpetek alle sue attrici, e invece Diamanti è esattamente quello che ci aspettiamo dal miglior Ozpetek, quello che ama in modo incondizionato le sue donne, e viene da loro ricambiato con fiducia e generosità.
Le donne che popolano la sartoria Canova possono litigare, insultarsi e prendersi in giro ma non si pugnalano alle spalle: non sorprende che alla sceneggiatura, oltre al regista, ci siano due mani femminili, Carlotta Corradi (anche autrice del soggetto) ed Elisa Casseri. Questo senso di "sorellanza" è incarnato al sommo grado dalle due protagoniste, legate tanto dall'affetto quanto da ricordi dolorosi che affrontano in modo speculare e contrario: Alberta passandoci sopra come uno schiacciasassi, Gabriella schivandoli accuratamente. Luisa Ranieri e Jasmine Trinca interiorizzano completamente i rispettivi ruoli, acquisendo fisicamente l'una una durezza programmatica, l'altra una negazione di sé che sfiora l'annullamento (mai le occhiaie di Trinca sono risultate tanto simboliche).
Al centro c'è anche il rispetto di Ozpetek per il lavoro sartoriale, che combina pazienza e precisione, estro e concretezza, e in particolare l'attenzione che chi crea costumi per lo spettacolo dà al rapporto fra i personaggi e il loro abito di scena, che dev'essere ispirazione e rafforzamento, veicolare il movimento del corpo e farsi gabbia solo per trasmettere l'idea di prigione. Ozpetek però continua a comunicare primariamente attraverso i volti e gli sguardi: fra sorelle, fra amanti, fra genitori e figli, fra i bambini e il mondo. Sono sguardi pinei di passione e di paura, sofferenza e sollievo.