
Charley Thompson
Un film di Andrew Haigh
Charlie è un adolescente che non ha mai conosciuto sua madre e che vive con il padre. Poco distante dalla loro nuova abitazione scopre la presenza di un maneggio ed entra in contatto con Del Montgomery, un non più giovane proprietario e allenatore di cavalli che fa correre ovunque sia possibile guadagnare qualcosa. Charlie diventa il suo aiutante e si affezione a un cavallo, Lean On Pete, veloce nella corsa ma progressivamente affetto da disturbi che spingono Del a venderlo perché venga soppresso. Charlie non può accettare passivamente questa decisione.
Con Charlie Plummer Steve Buscemi Chloë Sevigny Travis Fimmel Steve Zahn
Produzione: Gran Bretagna , 2017 , 121min.
Portland, Oregon, estremo west americano. Il sedicenne Charley si è da poco trasferito insieme al padre Ray (un eterno ragazzino) che sembra soddisfatto del nuovo lavoro. La madre non è con loro, li ha lasciati anni prima, scappata chissà dove, chissà con chi. Il ragazzo (sempre in silenzio) sperimenta luoghi e persone, sino a incontrare casualmente Del (Steve Buscemi) che gli offre un lavoro nel suo piccolo ippodromo. Charlye instaura così una tenera amicia con Lean on Pete (detto solo Pete), vecchio cavallo da corsa ormai in procinto di essere venduto o peggio ancora “spedito in Messico”. Quando la situazione precipita – il padre muore per i postumi di in uno scontro violento, nessuno riesce a rintracciare un’amata zia fuggita anch’essa chissà dove, chissà con chi – Charley e Pete si ritrovano entrambi senza casa, senza legami, senza futuro. Inizia il viaggio (proprio verso Laramie…).
Andrew Haigh porta sullo schermo il romanzo La ballata di Charley Thompson di Willy Vlautin e impasta sapientemente culture e tradizioni, inquadrando gli smisurati spazi della frontiera americana e riportando in vita riti e miti dal western al road movie (il cavallo al tramonto, la polvere del deserto, le strade assolate, i diner di periferia….). Ma questa fortissima iconografia all american viene sempre mediata da una sensibilità cinematografica intimamente europea (profondità di capo e primi piani insistiti, piani sequenza e silenzi significanti, tutti indici stilistici già presenti in Weekend o 45 anni). E non a caso si avvertono nitidi anche gli umori del Wim Wenders americano (da Paris, Texas a Non bussare alla mia porta), soprattutto nella bellissima fotografia firmata da Magnus Nordenhof Jønck.



