Animali selvatici
Un film di Cristian Mungiu
Animali selvatici, film diretto da Cristian Mungiu, si svolge in un piccolo villaggio della Transilvania, dove tutto sembra immutato da molto tempo. Gli abitanti conducono una vita tranquilla e apparentemente serena.
Matthias (Marin Grigore) lascia il suo lavoro in Germania e torna da suo figlio Rudi (Mark Blenyesi) che vive con la madre Ana (Macrina Barladeanu). L’uomo vuole recuperare il tempo perso e dedicarsi di più a suo figlio e a suo padre che è anziano e malato.
Si riavvicina anche alla sua ex, Csilla (Judith State), che gestisce una piccola fabbrica nel villaggio. Proprio in quei giorni vengono assunti dei nuovi operai cingalesi. La comunità non è pronta per questa novità che disturba il suo quieto vivere.
Un giorno, Rudi si trova nel bosco e viene turbato da qualcosa che lo getta in uno stato di shock, da quel giorno il bambino non parla più e i suoi genitori cercano di capirne la causa. Disorientati e combattuti interiormente, Matthias e Ana vengono assaliti da dubbi e sospetti, l’uomo cerca di insegnare al bambino ad usare le armi per difendersi nel bosco dagli animali selvatici.
Anche l’intera popolazione del luogo inizia a nutrire fobie che alimentano l’antico fantasma dell’intolleranza…
Con Judith State Marin Grigore Orsolya Moldován András Hatházi Macrina Barladeanu Zoltán Deák Mark Blenyesi
Produzione: Romania , 2022 , 125min.
Benché il titolo originale del film lasci pensare alla Romania, ridotta alle sue sole consonanti, il riferimento ufficiale è a agli esami clinici - R.M.N. è l'acronimo rumeno della risonanza magnetica - a cui viene sottoposto Papa Otto, un anziano pastore rispettato da tutti.
Ma come le macchine passano allo scanner le condizioni neurologiche di Otto, così Mungiu sottopone a un'indagine approfondita lo stato delle cose in Romania e più in generale nella contemporaneità europea, pervasa da tensioni, intolleranza e paura. La scelta di ambientare la vicenda in Transilvania, crogiuolo di etnie (rumena, magiara, rom e ebraica), fedi religiose (cattolicesimo, cristianesimo ortodosso, islamismo) e idiomi eterogenei, non è casuale e ha lo scopo di rappresentare la fragilità di equilibri secolari, pronti a esplodere in fratture dilanianti alla prima scintilla.
Matthias perde il lavoro per un insulto razzista - "zingaro" - ma infligge, insieme ai concittadini più facinorosi, il medesimo contrappasso ai nuovi immigrati singalesi, accusati di "rubare" il lavoro agli abitanti di Recia, che in realtà quel lavoro non hanno nessuna intenzione di praticarlo, per ragioni di denaro o di semplice lassismo, preferendo recarsi all'estero o vivere di sussidio statale.
Una concatenazione di rapporti di vassallaggio che si traducono in infinite guerre tra poveri, tra fratelli, tra vicini, in una disarmante dissezione della natura umana e della sua incapacità di progredire su temi atavici e tuttora attuali. Mungiu ha la forza di rappresentare questo cumulo di contraddizioni mediante gli ormai celebri piani sequenza atti a "inseguire" i personaggi o con scene corali di pregevole fattura: in particolare, tra queste, la sequenza dell'assemblea del villaggio, un'unica inquadratura in cui ogni figura in campo segue un andamento autonomo e manifesta un differente punto di vista, mentre la macchina da presa sceglie di mettere a fuoco o fuori fuoco un intervento o l'altro in base all'andamento emozionale del dibattito.